lunedì 10 settembre 2007

Intervento al Direttivo CGIL

Compagne e compagni porto, anche a nome di altre lavoratrici e lavoratori che condividono le mie considerazioni, il mio contributo. L'analisi incomincia nel lontano 1992 ,quando il governo Amato iniziava l'attacco alle pensioni innalzando la pensione di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, il governo Berlusconi, poi, nel 1994 per la prima volta introduceva l'idea dei disincentivi per chi andava in pensione prima dei 60 anni di età.La lotta, e sottolineo la lotta dei lavoratori costrinse il governo a retrocedere dall'intenzione di introdurre il tema delle pensioni nella finanziaria del 1995.Ma è con il successivo governo Dini ,(centro sinistra!), che i poteri forti del paese, aiutati dalle burocrazie sindacali CGIL, CISL e UIL demolirono l'impianto pensionistico pubblico introducendo il sistema contributivo.Iniziava quindi lo smantellamento del sistema previdenziale pubblico retributivo, un sistema che garantiva un tasso di sostituzione dignitoso, intorno al 70-80%, inoltre costituiva un importante collante solidaristico generazionale tra i lavoratori.
L'introduzione del sistema contributivo legato ai contributi versati, non solo spezza qualsiasi meccanismo di solidarietà intergenerazionale, ma determina, una drastica riduzione, nel tempo, del tasso di sostituzione fino a scendere al 50%.
Il primo governo Prodi nel 1997 introdusse altri ostacoli alle pensioni di anzianità: si andava in pensione non solo quando si maturava il diritto, ma in apposite finestre di uscita. Il secondo governo Berlusconi, nel 2004, sempre in tema di pensioni introduceva lo scalone: nel 2008 non si potrà più andare in pensione prima dei 60 anni di età, almeno che non si abbiano 40 anni di contributi.
Oggi il governo Berlusconi non c'è più (nonostante che lo spettro del suo ritorno sia addirittura più castrante della presenza effettiva!). Abbiamo votato, fiduciosi, un governo di centro sinistra sulla base di un programma, abbiamo fatto un congresso riempiendoci la bocca di abrogazione quando si parlava della legge Maroni e di legge 30, dato che, con l'aiuto del precedente pacchetto Treu, tutti convenivamo che hanno super precarizzato il mondo del lavoro. A distanza di un anno del governo Prodi e di tante belle promesse, lo scalone Maroni non viene abolito ma diluito.
L' accordo sulle pensioni raggiunto da governo e sindacati, come previsto, conferma la natura politica del governo Prodi: un governo legato al grande capitale, sordo alle ragioni dei lavoratori e in sostanziale continuità con il liberismo, pronto a rispondere ai poteri forti finanziari europei e alle loro politiche antisociali.
L'accordo, infatti, peggiora la stessa legge Maroni, innalza l'età pensionistica, riduce le aspettative future con i coefficienti ogni tre anni, mette i lavoratori gli uni contro gli altri, ribadisce la logica finanziaria che aveva affermato già con l'operazione scippo sul TFR ( tra l'altro la stessa nel momento in cui la stavano sponsorizzando causava già in calo di consensi di 5 ,7% nei mesi di Maggio Giugno; dati che naturalmente si guardavano ben di evidenziare!).
A peggiorare ulteriormente le cose c'è poi l'accordo sul mercato del lavoro che conferma l'impianto della legge 30 che nelle intenzioni originarie avrebbe dovuto essere "superata" e che viene invece rafforzata.
Si conferma lo "stafflesing", legge caporalato, e si aumenta sia il lavoro straordinario (concedendo la defiscalizzazione), sia l'incentivo alla contrattazione aziendale con ulteriori regali alle imprese. Un disastro sociale che si aggiunge alle gravissime scelte politiche di destrutturazione del pubblico impiego, di mantenimento e incentivazione della precarietà del lavoro e dei salari, di subalternità dei diritti sociali in generale alle priorità del capitale finanziario.
Dentro questa voragine ci sono i lavoratori, lasciati senza ideali a pascolare nella prateria dei realiti show, prima di essere munti con le ricariche telefoniche e con il lavoro precario quando c'è. Lavoratori che vivono male perché faticano ad arrivare a fine mese e perché vivono la precarietà dell'esistenza, non hanno futuro, non hanno sicurezza, e si vedono diminuire drasticamente i diritti.

Il tutto alla luce di un'immoralità pubblica che di contro prolifica e dilaga Ma ci sono anche migliaia di persone che, in questi ultimi decenni ,sono giunti alla politica ciascuna per conto proprio per mille vie diverse .

E' il popolo di Genova 2001, dei 3 milioni di Roma , di Vicenza, dei No Tav ecc. fino ad arrivare al CSO Bruno . Dentro questa voragine ci sono i militanti dei partiti della sinistra, in gran parte in grave disagio perché non si spiegano le contraddizioni in cui, i loro vertici, li hanno costretti a vivere. Coscienti che il prezzo di queste decisioni non lo pagheranno i politici, ma i milioni di lavoratori che vedranno prolungare e precarizzare la loro vita lavorativa, ci chiediamo dove trovate la forza e le motivazioni per progettare il nostro presente e il nostro futuro per creare un obbiettivo e crescere in capacità è riconoscimenti.

Quando noi abbiamo incominciato a muoverci nel mondo del lavoro, di una cosa eravamo certi, che eravamo alla posa delle prime pietre per costruire una casa di cui noi avremmo tenuto le chiavi e in cui avremmo dato asilo agli altri. Non sappiamo come spiegarvi, per noi e altri come noi, il senso della costruzione collettiva era molto forte.
Qualunque cosa scegliessimo di fare, eravamo certi che non stavamo agendo solo per noi, che avremmo costruito qualcosa di cui anche gli altri avrebbero beneficiato e l'avremmo custodito come bene collettivo.
Questo dava un senso a tutto,
piccolo o grande che fosse il nostro contributo serviva a migliorare la realtà fuori dal nostro orticello. Siamo forse gli ultimi “romantici”, ma anche gli ultimi a sentirci padroni delle nostre scelte perché potevamo ancora controllare i risultati delle nostre azioni. Forse, però, potremo, perché non riusciamo a smettere di crederci!
Ed è per questo che il 20 Ottobre saremo in piazza per chiedere la ricusazione dell'accordo del 23 Luglio (sia sugli aspetti del mercato del lavoro sia su quelli previdenziali) e per pretendere un vero e democratico referendum (o chiamatelo consultazione) nei luoghi di lavoro ed il rispetto del suo risultato da parte delle segreterie sindacali.



Tenuta Svetlana - Trento 10 settembre 2007

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